La Conoscenza è Sofferenza
14 Aprile 2015 - Categoria Sunday Pages
La Conoscenza è Sofferenza
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Il Mondo di RAP by Massimo Ciotoli
Recita il Qohelet (1, 18) - Grande sapienza è grande tormento: chi più sa, più soffre! -.
- Chi accresce conoscenza, accresce dolore! - enuncia Benedetto Croce in “Logica, come scienza del concetto puro”.
Chi sradicasse la conoscenza del dolore estirperebbe anche la conoscenza del piacere e in fin dei conti annienterebbe. (Michel De Montaigne)
Le persone che non soffrono mai non possono crescere né sapere chi sono. (James Baldwin)
Il dolore peggiore che un uomo può soffrire: avere comprensione su molte cose e potere su nessuna. (Erodoto)
Nella grande saggezza c'è grande dolore e chi incrementa il proprio sapere incrementa il proprio dolore. (Venanzio a Jorge, citando la versione latina dell'Ecclesiaste, libro della Bibbia)
Chi aumenta sapienza, aumenta dolore. (Giordano Bruno)
E si potrebbe forse continuare a lungo con chissà quante altre citazioni celebri ed estemporanee cumulatesi in secoli di annose ponderazioni.
Ma che cos’è la conoscenza e qual è il suo rapporto con la sofferenza?
Filosofi, scienziati, letterati, artisti e poeti di ogni tempo si sono spesso interrogati sul significato della conoscenza e del suo intimo rapporto con la sofferenza fornendo a contemporanei e posteri innumerevoli interpretazioni e concetti su cui riflettere ed accapigliarsi.
Senza volersi inoltrare in tediose e soporifere disquisizioni accademiche sulla vexata quaestio, in base a quanto estrapolato centrifugando e distillando le umane elucubrazioni emerse da una rapida ricerca su cotanto fervore di intelletti, potremo definire “conoscenza” una transitoria quantità di informazioni e “sofferenza” (percepita in senso psicologico) la conseguita consapevolezza della propria fragilità e dei propri limiti.
Poiché in un essere senziente ogni aumento del livello di conoscenza sembra produrre un aumento della sofferenza complessiva si può evincere che quest’ultima trovi il suo minimo valore in una società primitiva per poi aumentare progressivamente, in base alle incognite di un’ignota equazione, con l’evoluzione intellettuale della stessa.
Considerati i tempi medi di un significativo processo evolutivo c’è quindi da chiedersi se il tutto sia stato geneticamente programmato al fine di render sopportabile il progressivo accrescimento dell’“ambita” sofferenza o se invece sia la conseguenza di un inconscia opera di “sabotaggio” animata dal latente desiderio di tralasciare ogni possibile domanda per limitare così al minimo (ovvero alla sola ed inevitabile sofferenza fisica) la propria consapevolezza.
In base ad un giudizio sommario sull’andamento complessivo della società umana, a distanza di migliaia di anni (correva il Paleolitico superiore, periodo in cui si diffuse l’Homo sapiens sapiens ovvero tra il 40.000 ed il 10 000 a.C.) dall’alba dell’ipotizzato conseguimento di una consapevolezza di se da parte del novello “Homo sensibĭlis”, una sorta di consolidata autolimitazione simile a quella immaginata sembrerebbe tuttora operare egregiamente nella summenzionata.
Ma non disperiamo poiché Madre Natura, nella sua infinita saggezza, ha provveduto per tempo ad infondere nell’essere umano un intrinseco ed irrefrenabile bisogno di conoscenza che certo gli garantirà un futuro di indicibili “consapevolezze”.
Se così non fosse l’Homo erectus avrebbe forse scelto di procurarsi deliberatamente innumerevoli ustioni di vario grado e diversi momenti di reverenziale terrore, affrontando quell’inafferrabile cosa guizzante che più tardi avrebbe nomato “fuoco”, al solo scopo di rendere più saporito, digeribile ed asettico il suo barbecue di dinosauro, di difendersi da “qualche” vorace predatore in cerca di menù alternativi o semplicemente per procurarsi un riscaldamento meno "volubile" per le gelide notti in grotta?
Detto ciò cari lettori vi lascio alle vostre riflessioni ma ricordate, la conoscenza è una miracolosa panacea ma come tale ha le sue controindicazioni.
E madre natura ha omesso di fornirci il dovuto bugiardino.